mercoledì 22 maggio 2013

COME SVEZZIAMO I NOSTRI BIMBI?



Quando si avvicinò il momento dello svezzamento del mio primo figlio Spiderman ( sei mesi), ero molto giovane; ed essendo contentissima del mio pediatra ho seguito alla lettere le sue direttive. Ho fatto quindi uno svezzamento tradizionale, iniziando con i brodini e le farine, ho poi aggiunto le verdure ( 1 alla volta), la carne, poi la cena e via via pesce, legumi formaggi e prosciutto. Ho inserito tardi i cosiddetti “cibi allergizzanti” come pomodoro e uova e a un anno ha iniziato a mangiare come mangiavamo noi, con l’accortezza del sale. Effettivamente con Spiderman non ho incontrato nessun tipo di problema, a lui i “papponi” piacevano molto e mangiava parecchio. L’unica cosa che ho fatto di testa mia, è omogenzzare il cibo da me. Il pediatra mi consigliò di iniziare con liofilizzati di carne o omogeneizzati industriali, ma già all’epoca l’idea non mi piaceva. Ho sempre pensato che la lavorazione industriale non è controllata come dicono e comunque credo che alteri le qualità nutritive degli alimenti. E poi preparargli le pappe mi piaceva molto. Le mie erano sicuramente più buone di vasetti che riportano la data di scadenza, ma non quella di produZione J
Con la Bufalotta, invece, una tragedia. Non le piacevano, ma proprio per niente. Ho provato a rimandare l’appuntamento, anche se lei al cibo era veramente interessata! Niente… Pianti. E non mi piaceva che la mia bimba piangesse per mangiare. Sedersi a tavola deve essere un piacere, non un’imposizione o una tortura.
Ed ecco che partono le mie ricerche… amiche, libri e Internet, come al solito. E approdo su consiglio al sito:www.autosvezzamento.it
E mi  si apre un mondo. Cerco “Io mi svezzo da solo” di Gonzales, ma non lo trovo e allora compro “W la pappa” di Paola Negri. Stupendo è la prima parola che mi viene quando penso a questolibro!
Da lì è stata tutta un’altra storia… Sorriso ha iniziato a mangiare con noi a tavola, e ad assaggiare ciò che mangiavamo noi (con le giuste accortezze!). Nel giro di un mese, ha assaggiato tutto e tutto le piace!
Vederla mangiare con gusto, manipolare il cibo, staccare i pezzetti con le gengive e masticare e vederla contenta è veramente bellissimo. E notare: a nove mesi non ha un dente!
Dei concetti su cui si basa l’autosvezzamento, che consiglio veramente a tutte, ne parlerò più avanti, oggi vorrei invece vedere quanta variabilità c’è nel modo in cui le mamme si avvicinano a questa tappa. Allora ho deciso di postare una domanda nel gruppo di mamme della mia zona su Facebook, di cui faccio parte. A loro ho chiesto:

1- a quanti mesi il pediatra vi ha proposto lo svezzamento
2- a che mese avete iniziato lo svezzamento
3- che tipo di svezzamento avete fatto (tradizionale con le tabelle del medico, autosvezzamento, veg o vegetariano ecc..)
4- se non avete seguito il pediatra chi vi ha aiutato nelle scelte

Mi hanno risposto 10 mamme (sigh!) e i risultati per lo più sono stati:
1-      6 mesi
2-      6 mesi
3-      tradizionale
4-      pediatra
Quindi si evince che hanno tutte utilizzato l’impostazione classica, dettata dal medico pediatra.
Ci sono però dei punti di interesse, che non sono una critica diretta alle mamme, ma a pediatri e multinazionali:
-           Alcune hanno specificato di aver usato gli omogeneizzati per lo svezzamento. Non l’ho chiesto a tutte, e quindi non ho da fare confronti, certo è che anche il mio pediatra me li consigliò, quindi presuppongo che siano molte le mamme che li hanno utilizzati. I pediatri e le pubblicità ci dicono che è meglio utilizzarli perché controllati ( o Bio) e perché non contengono particelle d’aria che possono dare fastidio al pancino dei nostri piccoli. Ed ecco la STRATEGIA DELLA PAURA a cui ci sottopongono quotidianamente. Se non gli dai l’omo il tuo piccolo starà male. Su due figli non ne è stato male uno, e Bufalotta oltrettutto soffre di reflusso gastroesofageo! La stessa OMS (Organizzazione Mondiale Sanità) consiglia i preparati in casa. E più in generale tutti i cibi trasformati industrialmente andrebbero evitati, anche per noi adulti. Gli stessi pediatri nella tabella di preparazione della pappa ci dicono di evitare zucchero e sale.; poi prendi in mano un omogeneizzato e te li ritrovi tra gli ingredienti. Mah! E poi ci sono i prodotti ritirati dal commercio perché contententi vetro; oppure il caso di 106 bambine ricoverate a Torino perché gli ormoni contenuti negli omogeneizzati le hanno fatto crescere il seno. Vi consiglio di scrivere su Google “ormoni negli omogeneizzati” e leggete. E quindi perché mai devo dare ai miei figli sta roba?
-           Un aspetto che mi lascia basita, ma veramente tanto, è che ci  sono pediatri che consigliano un “lentissimo” svezzamento a partire dai 4 mesi e mezzo. No ma  scherziamo? Un bambino a 4 mesi non sta seduto, dorme ancora molto, non mostra interesse per il cibo, e noi dovremmo buttargli in bocca un cucchiaino con la frutta. Ma a che pro? Io credevo che ormai tutti i pediatri , anche i più anziani, fossero allineati con l’OMS e le ultime ricerche. Questi pediatri non sono dottori, SONO DINOSAURI! Devono andare in estinzione. Se la crescita prosegue bene un bambino non ha bisogno di altro almeno fino ai 6 mesi. Il latte della mamme e i LA sono completi, non c’è bisogno di altro! Uno svezzamento precoce, al contrario, può essere dannoso, sia all’apparato digerente ed è collegato ad allergie e asma. E tutto ciò non lo si vede nell’immediato, ma più avanti negli anni. Una mamma riferisce che il suo medico gli ha anche detto di inserite il LATTE INTERO ALLUNGATO CON ACQUA a 4 mesi e mezzo. Sono sconcertata! La mamma ne è contenta perché la bimba non ha più problemi con rigurgiti, ma ne è chiaro anche il motivo: quel latte è pesante. Il latte intero andrebbe dato dopo l’anno: troppe proteine e poco ferro. D’altronde i nostri figli non sono VITELLI!
-           Con mio sommo piacere 2 mamme hanno praticato l’Autosvezzamento: una mamma quello semi-vegetariano e una mamma l’ha iniziato a 13-14 mesi, ostacolata dal pediatra però. Io invece l’appoggio in pieno: ha seguito le esigenze di suo figlio che adorava la tetta! Entrambe le mamme hanno dovuto quindi trovare appoggio all’esterno dei “canoni ufficiali”: altre mamme, Internet e libri. E quindi si potrebbe aprire un capitolo sul fatto che i pediatri si debbano un pochino aggiornare…. J
-           Un’altra mamma ha sollevato un altro problema: lo svezzamento e l’asilo nido. A lei sarebbe piaciuto uno svezzamento vegetariano, che difficilmente però si conciliava con l’asilo nido. E questo lo trovo un gran problema…. Le strutture educative in questo fatto dovrebbero ammorbidirsi: le mamme che lavorano hanno comunque diritto a decidere in fatto di alimentazione del proprio figlio!
 
Nonostante tutti questi aspetti che non condivido, e di cui non colpevolizzo le mamme, sono felice di vedere che nonostante tutto i bambini vengono svezzati per lo più a 6 mesi, e che molte mamme hanno continuato l’allattamento al seno anche dopo l’inizio dello svezzamento!
Oggi mi spiace non aver fatto autosvezzamento anche con Spiderman, nonostante con lui sia filato tutto liscio. Mi spiace perché la trovo una soluzione molto più naturale, che lascia al bambino la libertà di scegliere e di mangiare ciò che trova in tavola… gli lascia la libertà di manipolare il cibo, che per loro è un grande spasso… hanno la libertà di fare nuove scoperte e di vivere quel momento ATTIVAMENTE e non come un’imposizione!
Buona giornata a tutte!
 
 

CIO' CHE NON CI DICONO SUI PANNOLINI MONOUSO




Anni fa avevo letto un bel documento, scritto a più mani da mamme critiche e consapevoli, riguardante le diverse tipologie di pannolini per bambini. E' piuttosto lungo e molto interessante, perchè va a toccare i diversi aspetti della questione. Mi ritrovo d'accordo con tutto, tranne sulla tipologia dei pannolini lavabili, di cui scriverò più avanti.
Il manuale è scaricabile o leggibile/ e lo consiglio a tutti) interamente qui:
Nel frattempo ho estrapolato dei passaggi che ritengo importantissimi e che molti non sanno perchè non ci dicono...

“I PANNOLINI USA E GETTA TRADIZIONALI SONO ALTAMENTE INQUINANTI.
Prima di tutto a causa del modo in cui vengono prodotti uno studio della società di Consulenza Landban
k ha dimostrato che i pannolini usa&getta consumano 3,5 volte più energia, 8 volte più materie prime non rinnovabili e 90 volte più risorse rinnovabili rispetto ai pannolini riutilizzabili; producono inoltre 2,3 volte più acque di scarico e 30 volte più rifiuti solidi; richiedono tra 4 e 30 volte più terra per la coltivazione di materie naturali rispetto a quelli riutilizzabili, senza contare l'impatto di altri fattori quali l'utilizzo di pesticidi. Nella fase produttiva consumano un’enorme quantità di risorse naturali: energia, acqua, polpa di legno, plastica, idrogel ecc. La produzione elimina nell'acqua solventi, metalli pesanti, polimeri, diossine e furani. Vengono inoltre abitualmente sbiancati al cloro.
Nei pannolini tradizionali la parte interna, che costituisce il 70% del peso totale, è formata da una
polpa di cellulosa e da polimeri superassorbenti (silicati, acrilati e simili). Il resto è costituito da pellicole in polipropilene (sopra) e polietilene (sotto), unite ad adesivi (velcro), elastici e nastri.
È difficilissimo trovare dati precisi sulla composizione degli usa&getta. Raramente vengono diffuse le
schede tecniche a chi ne faccia espressamente richiesta e la legge non obbliga le aziende a rendere noti i componenti sulla confezione. Rendere nota la lista dei componenti è una decisione che viene lasciata al produttore, per dimostrare la propria affidabilità e trasparenza. Perché? Riguardo alle sostanze potenzialmente tossiche presenti nei monouso tradizionali, nel maggio 2000 venne diffusa dai media una notizia allarmante: Greenpeace Germania aveva riscontrato in quasi tutti i campioni di pannolini analizzati la presenza di TBT, DBT e MBT, rispettivamente Tributile, Dibutile e Monobutile di stagno. Il TBT risulta altamente tossico per gli organismi acquatici già in una percentuale dello 0.001mg perlitro, mentre nell’uomo può provocare tumori e disfunzioni al sistema nervoso.
Le maggiori multinazionali del settore (la Pampers,la Fixies e la Benetton) si affrettarono a dichiarare la totale assenza nei loro pannolini di questi composti o diedero generiche rassicurazioni sull’innocuità di tali sostanze. Resta comunque il fatto che, a seguito diuna nuova campionatura effettuata alcuni mesi dopo, non vennero più trovate tracce di questi composti. Per quale motivo si sarebbero utilizzate simili sostanze per la produzione di pannolini per bambini? L’ipotesi più plausibile è che tali composti servano a stabilizzare la parte plastificata del pannolino e per evitarne il deterioramento nel tempo, grazie anche al potere bio-cida. Per non creare allarmismi, va precisato che né in Germania né altrove sono stati registrati casi di malattie o squilibri ormonali che siano con assoluta certezza imputabili al TBT prese
nte nei pannolini; a seguito di questo scandalo, nel successivo Consiglio dei Ministri dell'Ambiente dell'Unione Europea, il Governo di Vienna ha chiesto ufficialmente la messa al bando della tributilina (TBT) per la sua accertata tossicità anche in basse concentrazioni.
Probabilmente non si saprà mai la verità, ma sta difatto che qualcosa è cambiato nel ciclo di produzione dei pannolini usa&getta, per lo meno in Germania. In Italia dobbiamo fidarci?
l TBT pare non essere purtroppo l’unica sostanza “sospetta” presente nei monouso tradizionali. Sotto
accusa sono anche i silicati o gli acrilati che ne costituiscono il “cuore superassorbente” e DI CUI NON SI CONOSCONO TUTTORA GLI EFFETTI COLLATERALI A CONTATTO CON LA PELLE DEL BAMBINO. È anche probabile che gli effetti siano conosciuti ma non vengano portati alla conoscenza degli acquirenti. Di certo sono i principali responsabili degli arrossamenti da contatto della delicata pelle del neonato e di micro-abrasioni dovute allo sfregamento. Dato che nella maggior parte dei casi i pannolini vengono sbiancati con il cloro, non è assurdo pensare alla possibilità che siano eventualmente presenti dei residui. Alcune fonti, per la verità datate, sospettano infine la presenza di sodio policloridato, che assorbe più di cento volte il peso dell'acqua; questa sostanza venne eliminata dagli assorbenti femminili nel 1985 a causa della sua correlazione con lo shock tossico nei tamponi da donna
STATISTICHE E STUDI MEDICI
Se i rischi legati al possibile assorbimento di sostanze potenzialmente tossiche attraverso la pelle del neonato sono però ancora da dimostrare, in assenza di studi certi al riguardo, possiamo segnalare che le statistiche mediche ditutti i Paesi ove si fa abbondante utilizzo di pannolini usa&getta testimoniano un aumento dei casi di arrossamenti, eritemi da pannolino e allergie.
Secondo l'Università di Kiel (Germania), l'impiego regolare e continuato di pannolini usa&getta
provocherebbe il surriscaldamento (fino a 1°C) dello scroto dei bambini, rischiando di danneggiare il normale sviluppo dei testicoli e quindi la futura fertilità. Il rivestimento di polipropilene e polietilene, trattandosi in ogni caso di una materia plastica, provocherebbe all’interno del pannolino stesso un aumento della temperatura (Partsch & Al.,2000).
Alcuni tipi di pannolini tradizionali vengono venduti già “cosparsii” di creme anti-arrossamento, la cui composizione chimica non viene dichiarata e sulla cui finalità esistono forti dubbi, dal momento che le creme si sono rese “necessarie” per mitigare le irritazioni provocate dal pannolino stesso.
I prodotti chimici che possono essere considerati più pericolosi sono quelli che sono spalmati sulle
fibre dei filtranti sintetici: per rendere igrofilico (cioè in grado di catturare le molecole di acqua) il polimero sintetico che invece è naturalmente idrofobico (cioè non aggancia le molecole, basta prendere un imballaggioqualunque di plastica versarci dell’acqua e si vedrà che l’acqua non si spande ma rimane come singole gocce che scivolano sopra) vengono aggiunti alle fibre dei “finish” che contengono tensioattivi e altri derivati chimici. Questi a contatto diretto con la pelle umida e calda, finché non arriva la pipi, vengono facilmente rimossi. E la domanda è: dove finiscono? Un’ipotesi che sorge spontanea è che finiscano sulla pelle del bambino e questo anche per 3 anni consecutivi
NESSUNA CERTEZZA
Potremmo citare altri dati, alcuni dei quali molto allarmanti, ma preferiamo limitarci a segnalare una
più sana “via di mezzo”;  nell’assenza di studi chiari ed esaustivi pubblicati su questo argomento, non si può essere certi di niente. Vorremmo che fosse chiaro proprio questo: “non si può essere certi di niente, nel bene e nel male”. Ciò che è certo è che la pelle e gli organi del bambino non sono predisposti per trascorrere 24 ore su24 per oltre tre anni consecutivi avvolti da plastica, silicati, DBT MBT
TBT & company. Per quanto questo faccia comodo a noi genitori.
VOI CI STARESTE? “

Ecco... A questo punto, mi viene in mente una pubblicità di una nota marca di Pannolini monouso che recita così, più o meno: " La cosa  più importante per noi mamme è che il  nostro bimbo resti asciutto"... bè mi verrebbe da dire: "MA ANCHE NO! L'IMPORTANTE E' CHE IL PANNOLINO SIA SICURO!".
Purtroppo la potenza delle multinazionali è forte. Riescono a insabbiare ogni cosa, riescono a fare leva sulle nostre "paure" di mamma... Riescono a farci passare per OTTIMI prodotti PESSIMI, tipo un famosissimo OLIO per la pelle...  Ma su questo ho da scrivere molto, moltissimo....

venerdì 10 maggio 2013

PANNOLINI MONOUSO PARTE 1



Oggi voglio parlare di un argomento che mi sta molto a cuore: I PANNOLINI E IL LORO IMPATTO AMBIENTALE.
La produzione di pannolini monouso per bambini, infatti, ha un impatto ambientale molto significativo.
Ogni anno nell’Unione Europea vengono prodotti 25miliardi di pannolini monouso. Ciò significa ingenti quantità di Co2 immesse nell’atmosfera per la produzione e distribuzione e altrettanto ingenti consumi di acqua e di energia per un prodotto che, già in partenza è un rifiuto speciale. I pannolini per bambini sono infatti composti per il 50% da derivati del PETROLIO non biodegradabili (vari prodotti chimici, plastica,
idrogel, sbiancanti,ecc). Incerta anche la sostenibilità del restante 50% che deriva
da polpa di legno (cellulosa) la cui provenienza non è quasi mai certificata e dunque
potrebbe anche provenire da foreste primarie.
Secondo uno studio di Greenpeace del 1993 nell’arco di tre anni un solo bambino utilizza mediamente 4.500 pannolini equivalenti a 10 ALBERI di grandi dimensioni e a UNA TONNELLATA di rifiuti, che dovrebbero essere smaltiti in modo differenziato.
In Italia se ne consumano circa 6 milioni al giorno, con costi di produzione stimati in
12.500 tonnellate di plastica, 225.000 tonnellate di polpa di legno, 2.15 miliardi di
litri di petroli, 6 miliardi di litri d’acqua e migliaia di MW di energia, senza contare i
costi ambientali di trasposto e distribuzione. Una volta utilizzati rappresentano tra il
7 e il 10% del totale dei rifiuti solidi urbani.
Inoltre la produzione non è sottoposta ad alcuna normativa, e in Europa non esiste
ancora una disciplina di settore che imponga di dichiarare i componenti, come
invece avviene per ogni altro prodotto che interagisca o sia destinato alla cura del
corpo.
Diverse ricerche indicano che il rivestimento impermeabile dei pannolini usa e
getta, oltre a possibili danni permanenti al sistema riproduttivo dovuti al
riscaldamento, impedisce la traspirazione e crea un ambiente umido, caldo e
carente di ossigeno che favorisce lo sviluppo di eritemi e allergie.
Per limitare questi inconvenienti la parte interna dei pannolini viene trattata con
SOSTANZE CHIMICHE che riducono l’effetto abrasivo dei materiali sintetici, ma possono provocare altri inconvenienti.
Sotto accusa sono i prodotti chimici usati per evitare la formazione di muffa e di cattivi odori.
  • Nel 1967 ci fu il caso del policloroprene;
  • Nel1988 quello del benzolo;
  • Nel 1989 quello della diossina;
  • Nel 2000 uno studio pubblicato da Greenpeace Germania denunciò la presenza di tributile di stagno (Tbt) nei pannolini delle marche più diffuse, un composto dall’elevato potere biocida che già in una percentuale di 0,001 microgrammi per litro risulta letale per gli organismi acquatici.
Per quanto al loro impatto come rifiuti, risulta difficile, se non addirittura
impossibile, smaltirli attraverso i tradizionali sistemi di trattamento perché i
materiali di cui sono fatti e la grande capacità assorbente, raggiunta con l’utilizzo di
nuovi materiali e nuove tecnologie, LI RENDE PRATICAMENTE INDISTRUTTIBILI.
Nelle discariche tradizionali non ci sono le condizioni necessarie per la
decomposizione dei pannolini che, nel tempo, si mummificano mantenendo inalterati
peso, volume e forma. I tempi di dissoluzione in discarica sono stimati in 500 anni,
in alternativa servirebbero inceneritori, ad altissime temperature e con sistemi di
filtraggio dei fumi e delle ceneri altamente tossiche, dei quali sono dotati pochissimi
paesi europei.

Fatto tutto questo preambolo:
-         Veramente non abbiamo alternativa a questi comodissimi pannolini usa e getta?
-         Veramente possiamo fregarcene dell’impatto ambientale che nostro figlio ha sull’ambiente, lo stesso ambiente che nostro figlio si troverà a vivere e a respirare?

L’inquinamento non è UTOPIA, ci riguarda TUTTI e DA VICINO, perché oggi ci ritroviamo a vivere una pesante crisi finanziaria ed economica, ma presto, se non interverranno misure serie a tutela dell’ambiente, ne vivremo una ben peggiore: QUELLA DELLE RISORSE!