Oggi
voglio parlare di un argomento che mi sta molto a cuore: I PANNOLINI E IL LORO
IMPATTO AMBIENTALE.
La
produzione di pannolini monouso per bambini, infatti, ha un impatto ambientale
molto significativo.
Ogni
anno nell’Unione Europea vengono prodotti 25miliardi di pannolini monouso. Ciò
significa ingenti quantità di Co2 immesse nell’atmosfera per la produzione e
distribuzione e altrettanto ingenti consumi di acqua e di energia per un
prodotto che, già in partenza è un rifiuto speciale. I pannolini per bambini
sono infatti composti per il 50% da derivati del PETROLIO non biodegradabili
(vari prodotti chimici, plastica,
idrogel,
sbiancanti,ecc). Incerta anche la sostenibilità del restante 50% che deriva
da
polpa di legno (cellulosa) la cui provenienza non è quasi mai certificata e
dunque
potrebbe
anche provenire da foreste primarie.
Secondo
uno studio di Greenpeace del 1993 nell’arco di tre anni un solo bambino
utilizza mediamente 4.500 pannolini equivalenti a 10 ALBERI di grandi
dimensioni e a UNA TONNELLATA di rifiuti, che dovrebbero essere smaltiti in
modo differenziato.
In
Italia se ne consumano circa 6 milioni al giorno, con costi di produzione
stimati in
12.500
tonnellate di plastica, 225.000 tonnellate di polpa di legno, 2.15 miliardi di
litri
di petroli, 6 miliardi di litri d’acqua e migliaia di MW di energia, senza
contare i
costi
ambientali di trasposto e distribuzione. Una volta utilizzati rappresentano tra
il
7 e il 10% del totale dei rifiuti solidi urbani.
Inoltre
la produzione non è sottoposta ad alcuna normativa, e in Europa non esiste
ancora
una disciplina di settore che imponga di dichiarare i componenti, come
invece
avviene per ogni altro prodotto che interagisca o sia destinato alla cura del
corpo.
Diverse
ricerche indicano che il rivestimento impermeabile dei pannolini usa e
getta,
oltre a possibili danni permanenti al
sistema riproduttivo dovuti al
riscaldamento,
impedisce la traspirazione e crea un ambiente umido, caldo e
carente di ossigeno che favorisce lo sviluppo di
eritemi e allergie.
Per
limitare questi inconvenienti la parte interna dei pannolini viene trattata con
SOSTANZE
CHIMICHE che riducono l’effetto abrasivo dei materiali sintetici, ma possono provocare
altri inconvenienti.
Sotto
accusa sono i prodotti chimici usati per evitare la formazione di muffa e di
cattivi odori.
- Nel 1967 ci fu il caso del policloroprene;
- Nel1988 quello del benzolo;
- Nel 1989 quello della diossina;
- Nel 2000 uno studio pubblicato da Greenpeace Germania denunciò la presenza di tributile di stagno (Tbt) nei pannolini delle marche più diffuse, un composto dall’elevato potere biocida che già in una percentuale di 0,001 microgrammi per litro risulta letale per gli organismi acquatici.
Per
quanto al loro impatto come rifiuti, risulta difficile, se non addirittura
impossibile,
smaltirli attraverso i tradizionali sistemi di trattamento perché i
materiali
di cui sono fatti e la grande capacità assorbente, raggiunta con l’utilizzo di
nuovi materiali e nuove tecnologie, LI RENDE
PRATICAMENTE INDISTRUTTIBILI.
Nelle
discariche tradizionali non ci sono le condizioni necessarie per la
decomposizione
dei pannolini che, nel tempo, si mummificano mantenendo inalterati
peso,
volume e forma. I tempi di dissoluzione in discarica sono stimati in 500 anni,
in
alternativa servirebbero inceneritori, ad altissime temperature e con sistemi
di
filtraggio
dei fumi e delle ceneri altamente tossiche, dei quali sono dotati pochissimi
paesi europei.
Fatto tutto questo preambolo:
-
Veramente non abbiamo alternativa a questi
comodissimi pannolini usa e getta?
-
Veramente possiamo fregarcene dell’impatto
ambientale che nostro figlio ha sull’ambiente, lo stesso ambiente che nostro
figlio si troverà a vivere e a respirare?
L’inquinamento non è
UTOPIA, ci riguarda TUTTI e DA VICINO, perché oggi ci ritroviamo a vivere una
pesante crisi finanziaria ed economica, ma presto, se non interverranno misure
serie a tutela dell’ambiente, ne vivremo una ben peggiore: QUELLA DELLE
RISORSE!
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